Il Teorema di Modigliani-Miller è ormai considerato, nell'ambito della finanza aziendale, uno dei cardini fondamentali, non tanto per la sua applicabilità al mondo reale (vi sono infatti forti vincoli imposti dalle ipotesi di base che vedremo successivamente) ma piuttosto per il fatto che da esso è nata una fiorente letteratura economica. A riguardo sono, infatti, stati sviluppati modelli alternativi al Modigliani-Miller (che a sua volta ha ripreso l'idea già espressa da L. B. William nel 1938 nel suo libro "The Theory of Investiment") che cercano di superare i vincoli delle sue ipotesi iniziali rendendolo così più aderente alla realtà. Il teorema si articola in due proposizioni delle quali sarà ora proposta una dimostrazione.
Il teorema di Modigliani-Miller (1958) è un grande aiuto al mondo della finanza aziendale, sotto l'aspetto della metodologia di analisi del capitale e del flusso introdotta e utilizzata.
il teorema rappresenta le fondamenta della teoria capitale. In un'elaborazione meno complicata, si attesta che, senza la presenza frizioni nel mercato, dove per frizioni si intendono tasse, pagamenti di fatture per fallimenti o costi di agenzia) il valore di un'impresa non dipende dalla struttura del suo capitale, bensì è legato unicamente alla sua profittabilità e ai rischi che si assume nelle attività reali. Se, quindi, una società cambia la sua struttura finanziaria (aumentando o diminuendo il suo capitale di debito e di rischio) non aumenta ne diminuisce il suo valore.