Dubcek inizialmente portò avanti una politica che contemplasse le esigenze della sinistra devota all'Urss e quelle dell'ala moderata che trovava il suo appoggio in sempre più larghi settori dell'opinione pubblica. Ma, col tempo, Dubceck, incalzato dalla stampa, dalla radio e dalla tv che mettevano in piena luce tutti gli aspetti più negativi del regime, si allontanò dalle posizioni conservatrici dell'Urss. Il suo pensiero politico subì una profonda metamorfosi che lo rese interprete di una dittatura illuminata. Egli, in sostanza, aveva maturato la convinzione che la democrazia non era qualcosa di estraneo al comunismo e che anzi la realizzazione dell'una e dell'altra avrebbe portato ad una forma superiore di vita. I paesi a socialismo reale (soprattutto la Polonia e la Germania dell'Est) criticarono fortemente il riformismo di Dubceck, temendo la possibilità di contagio di quel "socialismo dal volto umano". Invano il leader cecoslovacco tentò di convincere il Cremlino della sua lealtà nei confronti dell'Urss e di tutti gli altri paesi aderenti al Patto di Varsavia.