In Italia, una delle città con più stampe conosciute fu Venezia, con almeno 417 tipografie esistenti, che tra Quattrocento e Cinquecento produsse oltre la metà di tutti i libri stampati in Italia, seguita da Roma, Firenze e Milano. Fu lo stampatore veneziano Aldo Manuzio a pubblicare per primo i classici in edizioni di buona qualità ed economiche. Fra le innovazioni introdotte da Manuzio importante fu quella relativa alle dimensioni dei libri. I primi formati che si diffusero con l'invenzione della stampa furono quello "in folio", col foglio tipografico piegato una volta a formare quattro facciate (per un'altezza tra i 30 e i 50 cm) e quello "in quarto", dove due pieghe del foglio consentivano di avere otto facciate (altezza 25-35 cm). L'editore veneziano introdusse il formato "in ottavo", cioè col foglio ripiegato tre volte a formare fascicoli di otto pagine e sedici facciate; i libri così prodotti erano piccoli e maneggevoli (altezza 15-20 cm), e conservavano l'accuratezza e la qualità delle migliori edizioni. Degna di nota è anche l'introduzione di un nuovo tipo di carattere, il "corsivo", che proprio dal nome della terra in cui fu inventato oggi è chiamato in inglese "italics". Nel 1472 poi stampata la prima opera in italiano, la Divina Commedia di Dante. In Inghilterra, invece, la stampa a caratteri mobili fu introdotta da William Caxton nel 1476, mentre in America fu introdotta solo nel 1637. Le prime tipografie erano controllate dai mastri tipografi che gestivano ogni attività all'interno di queste officine. In alcuni casi, il numero di volumi prodotti da ogni singola tipografia era così elevato da richiedere l'aiuto di diversi uomini tra apprendisti, operai, compositori, addetti alla pressa. I volumi a stampa prodotti nella seconda metà del XV secolo prendono il nome di "incunaboli", vale a dire "libri appena nati" (dal latino "incunabola", "fasce della culla"). Le edizioni risalenti ai primi del XVI secolo vengono invece definite "cinquecentine".