Storia di una capinera di Giovanni Verga

Tramite: O2O 22/02/2018
Difficoltà:media
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Introduzione

Giovanni Verga è uno degli autori veristi italiani più importanti. Nato in Sicilia nel 1840 si è fatto tramite di una corrente letteraria innovativa. Nelle sue opere, analogamente a quelle dei realisti francesi, si abbandona completamento il giudizio morale e la metafora, per andare a descrivere la realtà crudamente, come attraverso l'obbiettivo di una telecamera. L'importanza di questo autore sta nel fatto che ha descritto scene e storie di vita quotidiana, lasciando al lettore il compito di trarre il suo giudizio. Uno dei romanzi più importanti della produzione del Verga è l'epistolare "Storia di una Capinera", che andremo ad analizzare.

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Occorrente

  • libro "Storia di una capinera"
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Prima parte della trama

Il romanzo è la storia di una ragazza, Maria, che rimane orfana e viene chiusa in convento dall'età di sette anni ed è destinata a farsi suora di clausura per l'impossibilità del padre, poverissimo, di provvedere al suo mantenimento. Nel 1854, però a causa di un'epidemia di colera la ragazza, diciannovenne può brevemente ricongiungersi con la famiglia a Monte Ilice dove il padre vive con gli altri figli e la nuova moglie. Nei mesi trascorsi a casa la ragazza ha un rapporto epistolare con un'altra educanda, Marianna, che a sua volta si trova dai parenti durante l'epidemia. La ragazza vive la lontananza dal convento come un momento di grande libertà, tanto da confondere il distacco della matrigna per una forma di benevolenza, sebbene il periodo sia sempre velato dal pensiero angoscioso del ritorno in convento. Sempre per via dell'epidemia, a valle si è trasferita la famiglia Valentini, e Maria si trova spesso a frequentarne i figli coetanei. Fra feste e balli, Maria fa amicizia con la figlia annetta e si scopre a provare un sentimento di amore nei confronti di Nino, l'altro giovane Valentini. Maria, consultandosi con Marianna per lettera confonde il sentimento d'amore con l'angoscia, ma al tempo stesso scopre di pensare che il suo destino non sarebbe quello di farsi suora, e la situazione peggiora quando Nino le fa sapere che ricambia il sentimento d'affetto. La matrigna preoccupata dalla prospettiva di trovarsi in casa la figliastra le fa pressioni affinché torni al più presto in convento per iniziare il noviziato, imponendole anche un isolamento in casa per evitare problemi e ripensamenti. Maria cade in una depressione profonda che le intacca anche la salute. Con la fine dell'epidemia i Valentini tornano a Catania, ma quando Nino cerca di passare a salutare per l'ultima volta Maria questa sviene per riaversi il giorno dopo e trovare la rosa lasciata dal ragazzo, ormai sciupata dalla notte.

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Seconda parte della trama

Dopo una settimana dalla partenza dei Valentini l'8 gennaio 1855 La famiglia di Maria torna a sua volta a Catania, e questo obbliga la ragazza, ancora malata, al ritorno alla vita in clausura. Dal convento Maria contina a scrivere a Marianna, ma più di rado per via dei regolamenti ferrei. Grazie all'aiuto della suora laica Filomena, molto legata alla giovane. L'isolamento in convento fa peggiorare la salute della ragazza che si trova a passare molto tempo in infermeria, e le convalescenze sono rese più difficile dal ricordo del periodo felice a Monte Ilice e di Nino. Il conflitto interiore porta la giovane a confessarsi e poi ad un periodo di espiazione fatto di digiuni e macerazione delle carni, che peggiorano quando le giunge notizia del matrimonio fra Nino e la sua sorellastra Giuditta. Il 6 aprile 1856 Maria prende i voti, e alla cerimonia, che la ragazza vede come un funerale assistono tutti i suoi familiari, compreso Nino, che la guarda sgomento. I voti non fanno che peggiorare la visione che Maria ha di se stessa e della sua situazione, causandole un forte conflitto fra i compiti di suora e l'ombra della dannazione eterna per i suoi sentimenti. La giovane teme di impazzire ed arriva a raccontare a Marianna della presenza in convento di suor Agata, che da 15 anni è rinchiusa nella "cella dei matti", e dell'orribile tradizione del convento per la quale tale cella non deve mai restare vuota. Maria teme di perdere del tutto la ragione e di diventare la successiva inquilina della cella. Una mattina però scopre che dalla terrazza del convento è possibile vedere la casa di Nino e decide da allora di osservarla a distanza anche solo per poter cogliere una fugace immagine del suo amato. Il pensiero però la ossessiona e finisce per impazzire del tutto. Maria decide di tenare la fuga dal convento ma le converse la trattengono e la trascinano nella cella di suor Agata, dove però la ragazza sviene. Portata in infermeria, dopo tre giorni di delirio muore. Il romanzo si conclude con una lettere di suor Filomena diretta a Marianna. Insieme alla lettera vengono inviati alla giovane gli effetti personali della povera suora defunta: un crocefisso d'argento, le ultime lettere scritte durante il delirio, una ciocca di capelli ed alcuni petali di rosa che furono trovati sulle labbra della giovane appena morta.



I.

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Significato

Il titolo deriva da un'immagine che aveva molto colpito il Verga, cioè una capinera in gabbia. Con questa immagine voleva intendere il fatto che la giovane, come un povero uccello rinchiuso, non poteva e non osava ribellarsi ad un destino che le era stato avverso e che le aveva impedito di volare felice e guidata solo dall'istinto. Il romanzo si concentra tutto sul dramma interiore dilaniante e la sua conclusione tragica è l'unica possibile, perché come un uccello in gabbia finisce per lasciarsi morire di fame, anche la giovane, non potendo vivere la sua vita finisce per spegnersi.

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