San Martino del Carso: parafrasi e commento
Introduzione
San Martino del Carso, Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916.
Queste le coordinate geografiche e temporali che Giuseppe Ungaretti ci dà, indicando un luogo e una data ben precisi. Il poeta infatti scrisse questo componimento ispirandosi all'unico albero rimasto in piedi dopo una cruenta battaglia fra gli eserciti austro-ungarico e italiano, durante la Prima Guerra Mondiale. La lirica fa parte de L'Allegria, nella sezione Porto Sepolto; in questa raccolta sono contenute poesie scritte prevalentemente fra il 1914 e il 1919, e trattano del dolore scaturito dall'esperienza della guerra, ma allo stesso tempo anche della riscoperta del sentimento di fratellanza e comunione con le persone. Cominciamo quindi col fare la parafrasi del testo per passare poi al commento.
Parafrasi
Vv.1-4: Di queste case (quelle del paese di San Martino del Carso) è rimasto solamente qualche pezzo di muro distrutto
Vv.5-8: Di molte persone che ricambiavano il mio affetto nemmeno un pezzo è rimasto
Vv.9-10: Ma nel mio cuore è vivo il ricordo di ognuna di queste persone
Vv.11-12: Il mio cuore è il luogo che la guerra ha distrutto di più (a causa delle perdite che provoca).
Metrica
Dal punto di vista metrico la poesia è scritta in versi liberi, come spesso accade in Ungaretti e nei poeti del Novecento, raggruppati però in una struttura a due quartine più due distici finali. Pur non essendoci uno schema fisso di rime sono presenti diverse figure retoriche: la ripetizione delle formule "Di queste... Di tanti...", "non è rimasto... Non è rimasto...", tecnicamente chiamata anafora; l'analogia nel distico conclusivo che sottintende una similitudine tra il cuore dell'autore e il paese devastato dal conflitto "È il mio cuore il paese più straziato"; e infine l' allitterazione della r, con lo scopo espressivo di infondere in chi legge un sentimento di dolore e, come scrive Ungaretti stesso, di strazio.
Commento
In questa lirica il poeta riesce a descrivere al lettore il suo dolore, la sua solitudine di fronte a un paesaggio morto, distrutto dall'orrore della guerra, e per farlo utilizza poche semplici parole, essenziali: come se queste rappresentassero simbolicamente i brandelli di muro rimasti nel paese. Il lessico utilizzato è chiaro, sincero, penetrante come un proiettile. Non vi sono segni di punteggiatura, come se Ungaretti non volesse interrompere lo scorrere delle immagini che vede (e sente); l'atmosfera creata con l'uso di termini scelti attentamente, con precisione, è di sospensione, quasi di desolazione. Nella mente del poeta riaffiorano i ricordi (le croci) di tutti quelle persone a cui ha voluto bene, e che ora sono morte: è così che dal vuoto generatosi da una simile sofferenza, estenuante, Ungaretti riscopre il valore immenso dell'amicizia, dell'affetto e della vita.