San Martino del Carso: parafrasi e commento

Tramite: O2O 31/12/2017
Difficoltà:media
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Introduzione

San Martino del Carso, Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916.
Queste le coordinate geografiche e temporali che Giuseppe Ungaretti ci dà, indicando un luogo e una data ben precisi. Il poeta infatti scrisse questo componimento ispirandosi all'unico albero rimasto in piedi dopo una cruenta battaglia fra gli eserciti austro-ungarico e italiano, durante la Prima Guerra Mondiale. La lirica fa parte de L'Allegria, nella sezione Porto Sepolto; in questa raccolta sono contenute poesie scritte prevalentemente fra il 1914 e il 1919, e trattano del dolore scaturito dall'esperienza della guerra, ma allo stesso tempo anche della riscoperta del sentimento di fratellanza e comunione con le persone. Cominciamo quindi col fare la parafrasi del testo per passare poi al commento.

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Parafrasi

Vv.1-4: Di queste case (quelle del paese di San Martino del Carso) è rimasto solamente qualche pezzo di muro distrutto

Vv.5-8: Di molte persone che ricambiavano il mio affetto nemmeno un pezzo è rimasto

Vv.9-10: Ma nel mio cuore è vivo il ricordo di ognuna di queste persone
Vv.11-12: Il mio cuore è il luogo che la guerra ha distrutto di più (a causa delle perdite che provoca).

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Metrica

Dal punto di vista metrico la poesia è scritta in versi liberi, come spesso accade in Ungaretti e nei poeti del Novecento, raggruppati però in una struttura a due quartine più due distici finali. Pur non essendoci uno schema fisso di rime sono presenti diverse figure retoriche: la ripetizione delle formule "Di queste... Di tanti...", "non è rimasto... Non è rimasto...", tecnicamente chiamata anafora; l'analogia nel distico conclusivo che sottintende una similitudine tra il cuore dell'autore e il paese devastato dal conflitto "È il mio cuore il paese più straziato"; e infine l' allitterazione della r, con lo scopo espressivo di infondere in chi legge un sentimento di dolore e, come scrive Ungaretti stesso, di strazio.

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Commento

In questa lirica il poeta riesce a descrivere al lettore il suo dolore, la sua solitudine di fronte a un paesaggio morto, distrutto dall'orrore della guerra, e per farlo utilizza poche semplici parole, essenziali: come se queste rappresentassero simbolicamente i brandelli di muro rimasti nel paese. Il lessico utilizzato è chiaro, sincero, penetrante come un proiettile. Non vi sono segni di punteggiatura, come se Ungaretti non volesse interrompere lo scorrere delle immagini che vede (e sente); l'atmosfera creata con l'uso di termini scelti attentamente, con precisione, è di sospensione, quasi di desolazione. Nella mente del poeta riaffiorano i ricordi (le croci) di tutti quelle persone a cui ha voluto bene, e che ora sono morte: è così che dal vuoto generatosi da una simile sofferenza, estenuante, Ungaretti riscopre il valore immenso dell'amicizia, dell'affetto e della vita.

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