Primo Levi: vita e opere
Introduzione
Primo Levi (1919-1987) fu un chimico ed uno scrittore italiano. La sua produzione letteraria è legata alla tragedia della Shoah nella Seconda guerra mondiale. Levi è infatti uno dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Deportato in quanto ebreo ad Auschwitz, dopo la Liberazione tornò in Italia. Le sue opere sono state fondamentali per fare luce sull'esistenza dei campi di sterminio. Approfondiamo allora la vita e le opere di Primo Levi.
I suoi studi
Primo Levi nacque a Torino da una famiglia ebrea nel 1919. A Torino frequentò il liceo classico D'Azeglio dove tra i professori figurava niente meno che Cesare Pavese. Nel 1937, dopo il diploma, Levi si iscrisse all'Università di Torino: scelse la facoltà di Chimica. Nel 1938 entrarono in vigore le leggi razziali che ostacolarono non poco il suo percorso di studi. Ma riuscì comunque a laurearsi nel 1941 con 110 e lode. Dopo l'armistizio del 1943 si unì ad un gruppo di partigiani in Val d'Aosta. Il 13 dicembre 1943 la milizia fascista lo arrestò e lo portò nel campo di Fossoli (Modena) come ebreo. Da qui, l'anno dopo venne deportato nel lager di Buna-Monowitz (o Auschwitz III) dove rimase fino alla Liberazione per mano dell'Armata Rossa. Dopo un difficile viaggio attraverso i Balcani, Primo Levi riuscì a tornare in Italia. La sua vita, per quanto tormentata dal ricordo dei campi, proseguì più o meno normalmente. Si sposò con Lucia Morpurgo e iniziò a lavorare in una fabbrica di vernici, di cui diventerà direttore e riprese a scrivere.
Le sue opere erano testimonianze di vita nei campi di sterminio nazista
Nel 1947 Primo Levi pubblica una delle sue opere più importanti e la più famosa: "Se questo è un uomo". Si tratta di una delle prime testimonianze dirette di vita nei campi di sterminio nazista. A "Se questo è un uomo" nel 1963 seguì la pubblicazione di "La tregua". Qui Levi racconta del difficoltoso viaggio di ritorno in patria. Primo Levi si dedica anche alla stesura di racconti para-scientifici, che raccoglie in "Storie naturali" (1966). Fino alla fine della sua vita Levi non abbandonerà mai l'attività di scrittore, collaborando anche con il quotidiano La Stampa.
Nel 1986 venne pubblicato il suo ultimo contributo sul tema dell'Olocausto: "I sommersi ed i salvati". I sommersi erano coloro che nei campi avevano trovato la morte, i salvati coloro che sopravvissero. In quest'opera Levi amplia l'analisi sulla "zona grigia", cioè sui prigionieri che collaboravano con i nazisti (come i Kapò). Primo Levi chiarisce bene che, secondo lui, le persone migliori, più gentili ed umane, erano le prime a morire. La gentilezza non era adatta a quella non-vita. Dunque, c'è da chiedersi se i "salvati" non siano stati in realtà "sommersi". Sommersi dall'orrore e da se stessi.
La sua morte
Nel 1987, Primo Levi fu trovato morto alla fine della tromba delle scale di casa propria. Incidente o suicidio? Non è mai stato del tutto chiaro. Chiaro invece è che l'orribile ricordo dei campi di sterminio non lo lasciò mai in pace. Infine, citando Levi: "Meditate che questo è stato" e può accadere ancora.