Lo Zibaldone di Leopardi in pillole
Introduzione
Lo Zibaldone è una delle opere più famose di Giacomo Leopardi. È una sorta di diario, al quale il poeta affidò, quasi quotidianamente, nel periodo dal 1817 al 1832, tutta una serie di appunti, note, trattazioni su argomenti vari, osservazioni sia linguistiche che filologiche, critiche letterarie, meditazioni inerenti all'estetica, ricordi autobiografici, considerazioni di carattere psicologico e morale sull'essere umano ed, in particolare, le sue riflessioni sul senso della vita. Scopo di questa guida è cercare di spiegare in pillole il contenuto ed il significato dello Zibaldone di Leopardi.
Lo Zibaldone è un vero capolavoro, la cui lettura fa emergere tutto il processo di maturazione e di trasformazione del pensiero di Leopardi. L'opera, pubblicata in sette volumi, con il titolo "Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura", tra il 1898 ed il 1900, rappresenta forse la produzione più significativa per comprendere appieno la dimensione artistica e spirituale del poeta.
Molte delle immagini, alcuni versi e argomenti di poesia presenti nello Zibaldone richiamano alla mente un altro capolavoro del Leopardi, vale a dire i Canti, così come altri pensieri dell'opera rinviano alle Operette Morali. Nello Zibaldone è possibile notare, a differenza delle altre opere, un maggiore tormento formativo del poeta, una mutazione progressiva, quasi quotidiana, come si evince dal fatto che Leopardi ha cura di annotare vicino ai suoi pensieri la data precisa delle singole riflessioni. Un attenta lettura di tali riflessioni consente di seguire il continuo colloquio tra il poeta e la sua anima.
Nello Zibaldone sono pochi i riferimenti a fatti autobiografici e, comunque, quando il poeta in qualche modo li evoca non si sofferma mai sul racconto, ma piuttosto mette in evidenza i risvolti più profondi e personali di un ricordo, di una sensazione e di un sentimento, facendolo sempre in modo sintetico e preciso.
All'inizio dello Zibaldone, la natura viene descritta come una madre benefica, successivamente diventa nemica di ogni essere vivente. Tra i motivi principali della meditazione leopardiana troviamo il concetto della superiore dignità e grandezza dell'uomo. L'uomo, indicato da Leopardi, è immerso nel cosmo sconfinato, nell'impossibilità di spiegare a sé ed agli altri il perché, il vero senso della vita. Il poeta avverte dentro di sé, anche se angosciato in quanto essere debole e fragile, una nobiltà spirituale che lo porta ad innalzarsi sugli altri simili, grazie alla capacità di avvicinarsi all'universo con la sua mente.
Dall'opera emerge la sua concezione della vita, caratterizzata da un costante pessimismo, che però non è mai desolato ed arrendevole: l'esistenza umana mostra la necessità di non soccombere al destino e di voler affermare la dignità dell'uomo, condannato, senza colpa, alla sofferenza. Il pessimismo leopardiano è un vero e proprio invito alla solidarietà fraterna tra gli uomini, che devono unirsi per combattere contro la natura maligna e contro la sua legge meccanica, attingendo ai sentimenti ed alla spiritualità umana.
L'opera manca di una conclusione precisa e dell'affermazione di una tesi certa. Emerge sempre l'immagine di un Leopardi pieno di dubbi e di esitazione, che, dopo aver cercato di dare un significato alla vita ed all'universo, si ritrova con l'unica certezza di un'esistenza permeata dal dolore al quale tutto il genere umano sembra non poter sfuggire.