Le novelle del Decamerone
Introduzione
Il Decamerone è sicuramente uno dei libri più studiati ed analizzati nelle ore di letteratura di ogni scuola superiore in quanto testo rappresentativo dell'età comunale in Italia. Scritto da Giovanni Boccaccio tra il 1348 ed il 1353, esso consiste in una raccolta di 100 novelle inquadrate in una cornice narrativa che vede 10 giovani ragazzi di elevata condizione sociale decidere di scappare dal rischio del contagio dalla peste ritirandosi in campagna. Qui scelgono, per occupare le ore del pomeriggio, di raccontare una novella ciascuno con un tema coerente con quello scelto per il giorno dal "re della brigata", ruolo interpretato a turno da tutti i personaggi del gruppo.
Vediamo di seguito alcune delle novelle maggiormente significative ed interessanti, in quanto presentanti alcuni del temi centrali e ricorrenti tra quelli contenuti in questa grande opera.
Ser Ciappelletto
Quella di Ser Ciappelletto è la prima novella in assoluto descritta nel Decamerone, così ambigua da aver sollevato numerose interpretazioni. Essa narra di questo ignobile falsario, Don Ciappelletto, descritto come un uomo dalle gesta sempre malvagie ed irrispettose. Ospite a casa di due usurai durante un viaggio d'affari, esso viene colto da un malore ed ha la possibilità di ricevere l'estrema unzione da un prete ritenuto "santissimo" nella zona.
Con un'ultima falsa confessione esso riesce ad ingannare il frate e muore dopo essere stato un pessimo uomo in vita ma ritenuto ora santo da tutti grazie al suo abile racconto finale.
Interessante in questo caso l'interpretazione di Giovanni Getto, il quale sostiene che questa confessione finale sia frutto della "ragion di mercatura" che spinge a subordinare qualsiasi sentimento all'interesse, atteggiamento tipico degli usurai di Borgogna dove si ambienta la storia e che che quindi vengono colpiti con una critica indiretta.
Landolfo Rufolo
Questa novella, che si inserisce nel tema del conflitto tra virtù umana e fortuna, è narrata da Lauretta il secondo giorno di reclusione. Essa racconta la storia di Landolfo Rufolo, un ricco mercante che improvvisamente si ritrova impoverito dopo la svolta negativa in cui sfocia un suo pessimo affare. Decide quindi di darsi alla vita di pirata e pur riuscendo a riconquistare il suo denaro si troverà subito vittima di due navi genovesi che lo saccheggiano. Queste ultime saranno a loro volta vittime di un naufragio da cui Landulfo si trarrà in salvo grazie ad una cassa che scoprirà poi essere piena di pietre preziose. Ritornato a Trani con l'aiuto di alcuni mercanti, scoprirà di essere nuovamente ricco grazie alle pietre e si ritirerà a vita privata dopo aver inviato denaro a coloro i quali lo avevano aiutato ne corso del viaggio.
La fortuna, tema centrale, è la principale linea guida di tutte le decisioni di Landolfo ed è inoltre metaforizzata nel mare che con il suo comportamento influenza in maniera decisiva la storia.
Andreuccio da Perugia
Ci troviamo qui di fronte ad una novella che segue il tema delle avventure a lieto fine, narrata da Fiammetta nella seconda giornata. Il protagonista è, anche in questo caso, un giovane mercante arrivato a Napoli con lo scopo di acquistare cavalli.
Esso si trova qui a fare i conti con numerosi delinquenti della città: Dapprima sarà vittima di una prostituta che si finge sua sorella per poterlo derubare, dalla quale riuscirà a fuggire grazie ad un incidente di caduta attraverso una trave della sua latrina. Successivamente sarò complice di una coppia di ladri con l'intento di recuperare la sua fortuna perduta derubando il cadavere di un arcivescovo appena morto nella cui tomba sarà poi rinchiuso dai due complici, dopo avergli tuttavia fornito tutte le reliquie presenti all'interno meno che un anello. Sarà infine liberato da una ulteriore coppia di ladri che apriranno al tomba con lo stesso intento dei precedenti.
Andreuccio rappresenta un protagonista interessante, un vero e proprio anti-eroe estraneo al "saper vivere" che spesso caratterizza i personaggi del Decamerone. Si ripresenta inoltre il tema della fortuna, qui in veste di antagonista dell'eroe.
Tancredi e Ghismunda
Questa novella segue il tema decisamene più cupo degli amori con un esito tragico, abbandonando il tono giocoso di quelle ad essa precedenti. Fiammetta narra in questo caso le gesta del Principe Tancredi e di sua figlia Ghismuda, nei confronti della quale prova un amore incondizionato così come una grande gelosia nei suoi confronti, motivo per cui non la vorrebbe vedere accompagnata da nessun uomo. La giovane si innamora tuttavia di Guiscardo, un uomo di classe sociale inferiore che attraverso una serie di stratagemmi riesce ad incontrare segretamente ogni sera.
Tancredi scopre tuttavia l'inganno e, accecato dall'ira, decide di uccidere Guiscardo e portarne alla figlia in cuore nonostante il suo avvertimento al padre secondo il quale si sarebbe suicidata se il suo amante fosse morto. Ghismunda si uccide quindi ingerendo del veleno e Tancredi non può che rimuginare sulle sue scelte.
Ghismunda è qui rappresentata come una tipica eroina boccaciana: essa rappresenta infatti la parte attiva della sua storia d'amore e del suo svolgimento. La fortuna ha qui invece un ruolo minore, essendo il suo antagonista essenzialmente umano (Tancredi) al quale cercherà di far fronte grazie alle sue virtù di oratrice.
Lisabetta da Messina
Lisabetta da Messina è la quinta novella della quarta giornata e segue lo stesso tema della precedente, venendo raccontata nello stesso giorno.
La novella narra la storia di Lisabetta, giovane ragazza con tre fratelli arricchitisi grazie ai loro affari, che si innamora di Lorenzo. Essendo tuttavia il ragazzo di una classe inferiore, i fratelli decidono con uno stratagemma di condurlo fuori città ed assassinarlo.
Lorenzo appare però nei sogni di Lisabetta confessando l'omicidio dei fratelli e segnalandole il luogo della sua sepoltura. Essa si reca quindi dal suo amante defunto e nasconde la sua testa all'interno di un vaso coperta da del basilico, sui cui piangere la morte dell'amato. Il suo atteggiamento viene però notato dai vicini che permettono ai fratelli di scoprire il vaso e sottrarlo alla sorella causandone la morte.
La novella è la controparte mercantile-borghese di quella aristocratica di Tancredi. Lisabetta ha tuttavia un atteggiamento molto più passivo di quello di Ghismunda, con la quale condivide però una sorta di culto delle reliquie dell'amante, il cuore nel primo caso e la testa nel secondo.