Le funzioni della Corte costituzionale
Introduzione
Quella italiana è una Costituzione "rigida" e può pertanto essere modificata solo ricorrendo a un procedimento legislativo specifico, diverso e "aggravato" rispetto all'ordinario procedimento di formazione delle leggi. Non è quindi possibile una modificazione "di fatto" della Costituzione attraverso leggi statali o regionali che siano con essa incompatibili, come avviene invece nei Paesi che abbiano adottato una costituzione "flessibile".
La fondamentale esigenza di garantire che ogni legge rispetti la Costituzione impone quindi che si appresti uno specifico sistema di controllo.
Il nostro sistema costituzionale ha previsto la creazione di un organo dedicato al quale affidare il ruolo di giudice supremo dell?osservanza delle norme costituzionali e del rispetto degli equilibri disegnati da quelle norme.
Esamineremo adesso le funzioni della Corte costituzionale e le modalità attraverso cui essa è chiamata ad assolvere alla sua funzione di "garante" del rispetto della Costituzione.
Giudizio di legittimità costituzionale delle leggi
La prima delle funzioni che l'art. 134 della Costituzione attribuisce alla ?Consulta? (come viene comunemente chiamata la Corte costituzionale) è quella di verificare il rispetto della Costituzione da parte delle leggi statali o degli atti ad essa equiparati (decreti legge e decreti legislativi) e delle leggi regionali.
Nel nostro ordinamento il giudizio di costituzionalità non è congegnato come un meccanismo necessario e preventivo, come un controllo cioè da effettuarsi su tutte le nuove leggi prima che esse entrino in vigore. Esso è, al contrario, strutturato come un controllo successivo (su leggi, cioè, già vigenti) ed eventuale (controllo che scatta, cioè, solo se promosso da taluni soggetti legittimati).
In particolare, può sollevare la questione di legittimità costituzionale, il giudice che stia celebrando un processo, qualora reputi di dover applicare una specifica norma che ritiene presenti profili di incostituzionalità. In questo caso egli, di propria iniziativa o dietro sollecitazione delle parti del processo, potrà rimettere gli atti alla Consulta affinché essa si pronunci.
In secondo luogo, può impugnare una legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, il Governo che ritenga che la legge ecceda la competenza della Regione. Parimenti potrà ricorrere alla Corte, entro gli stessi termini, la Giunta Regionale che ritenga che una legge statale o una legge di un?altra Regione costituiscano una invasione della propria competenza.
Qualora la Corte costituzionale ritenga esistente l?incostituzionalità denunciata, la dichiarerà con sentenza eliminando definitivamente la norma dall'ordinamento.
Giudizio sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e Regioni o tra Regioni
Altra funzione che l?art.134 cost. Attribuisce alla Corte costituzionale è quella relativa alla risoluzione dei conflitti che possono insorgere tra gli organi apicali dei diversi poteri dello Stato o delle Regioni.
Il conflitto tra poteri dello Stato può scaturire da un atto o comportamento (anche omissivo) dell?organo di vertice di un potere statale di cui un altro potere statale lamenti l?illegittimità perché lo ritenga lesivo della propria sfera di attribuzioni.
Il conflitto tra Stato e Regioni (o tra Regioni) può insorgere quando una Regione invada, con un proprio atto, la sfera di competenza costituzionalmente riservata allo Stato o a un'altra Regione o quando sia lo Stato a invadere la competenza di una Regione.
La Corte risolve i conflitti di attribuzione dichiarando a quale potere statale o a quale ente (Stato o Regione) spettino le attribuzioni oggetto di contestazione e, nel caso in cui sia stato emanato un atto illegittimo, provvederà ad annullarlo.
Giudizio d'accusa contro il Presidente della Repubblica
La terza funzione prevista dall'art.134 Cost. È quella che attribuisce alla Corte costituzionale il ruolo di giudice penale chiamato a decidere sulle accuse mosse nei confronti del Presidente della Repubblica, relativamente alle due gravissime ipotesi di reato di "attentato alla Costituzione" e di "alto tradimento", che questi abbia commesso nell'esercizio delle sue funzioni.
Il giudizio di "messa in stato d'accusa" viene promosso dal Parlamento riunito in seduta comune, votato a maggioranza assoluta dei propri membri.
Il collegio di giudici della Corte costituzionale (che normalmente opera con 15 membri) agirà in questo specifico caso con una particolare composizione allargata. Esso verrà infatti integrato da 16 membri aggregati, estratti a sorte da uno specifico elenco di cittadini che abbiano i requisiti per l?eleggibilità a senatore (elenco compilato ogni 9 anni dal Parlamento).
Il giudizio si concluderà con una sentenza definitiva non impugnabile.
Giudizio sull'ammissibilità del referendum
Alle tre funzioni che la Costituzione attribuisce alla Consulta, se n'è aggiunta una quarta a seguito di una legge costituzionale del 1953.
Si tratta del giudizio di "ammissibilità" del referendum abrogativo, che segue al preventivo giudizio sulla sua "legittimità" operato dalla Corte di cassazione.
Una volta, quindi, che l?Ufficio Centrale per il Referendum (costituito presso la Cassazione) abbia dato il via libera ai quesiti referendari ritenendoli legittimi, esso ne comunicherà l?esito alla Consulta la quale dovrà operare un ulteriore controllo in ordine alla loro ammissibilità.
Per specifica indicazione costituzionale (art. 75) non sono ammissibili i referendum abrogativi che abbiano ad oggetto leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, leggi tributarie e di bilancio e leggi di amnistia e indulto.
A queste limitazioni espresse, la stessa Consulta ha ritenuto di aggiungerne altre che ha ricavato, implicitamente, dalla Costituzione: leggi di rango costituzionale, leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e leggi munite di forza passiva rinforzata.
L?eventuale sentenza che dichiari l?inammissibilità del referendum non ne impedisce la successiva riproposizione.
Sentenze interpretative
Per quanto le funzioni attribuite alla Consulta siano le sole quattro suindicate non si può tacere di un?altra funzione ampiamente svolta dalla Corte, pur in assenza di una sua specifica competenza.
In particolare la Corte, quando viene incaricata di un giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, non sempre si limita alla rigida alternativa tra una sentenza di accoglimento (che priva di efficacia la legge incostituzionale) e quella di rigetto (che ne conferma la legittimità costituzionale).
Essa dà spesso vita a sentenze ?interpretative? con cui, di fatto, impone una specifica interpretazione delle norme oggetto del suo giudizio.
Si tratta di un?attività che è spesso stata animata dalla preoccupazione di colmare vuoti normativi o dall'intenzione di indirizzare (e uniformare) l?attività interpretativa dei giudici che si trovino ad applicare quelle norme di cui la Consulta ha già ritenuto di fornire l'interpretazione che ritiene più corretta e in linea con la Costituzione.
Nonostante nel nostro ordinamento non esista un vincolo per alcun giudice di uniformarsi alle interpretazioni di un altro giudice, non vi è dubbio che una interpretazione che promani dal supremo ?giudice delle leggi?, qual è la Corte costituzionale, abbia un peso specifico non indifferente sull'attività degli altri giudici e rappresenti quindi un grosso condizionamento del c.d. ?diritto vivente?, ossia del diritto quale esso risulta dalla sua concreta applicazione pratica nelle aule dei tribunali.