Latino: come riconoscere e tradurre le proposizioni consecutive
Introduzione
La grammatica latina rappresenta uno degli scogli principali per gli studenti che frequentano le classi liceali. Le regole da imparare e da memorizzare sono talmente tante, che spesso non è facile tenere tutto a mente. Quando poi si passa all'analisi del periodo, la situazione si complica ulteriormente. Ma niente paura, perché, in realtà, destreggiarsi con le traduzioni non è poi così complicato. Sarà infatti sufficiente conoscere bene le regole e riconoscere le diverse proposizioni. In questo modo, anche la traduzione dal latino all'italiano diventa un'azione abbastanza fattibile, quasi semplice. In questa guida vi illustreremo come riconoscere e quindi tradurre le proposizioni consecutive dal latino all'italiano.
Occorrente
- Vocabolario latino-italiano
- Testo di analisi logica
- Manuale di grammatica latina
Il riconoscimento delle proposizioni
Prima di proseguire è bene avere ben chiaro quali sono le proposizioni consecutive in italiano. Come per l'analisi logica, anche nell'analisi del periodo possiamo individuare le funzioni delle diverse proposizioni. In particolare, le consecutive indicano una conseguenza di quanto si dice nella reggente. Per capire meglio, prendiamo la frase: "Marco è tanto buono che tutti lo amano". Gli elementi che indroducono la consecutiva sono "tanto" e "che". Il primo, l'avverbio di quantità, appartiene alla reggente. La congiunzione "che", invece, appartiene alla consecutiva. In italiano il verbo delle consecutive è al modo indicativo presente, imperfetto o passato remoto.
La traduzione in latino
Vediamo ora come si presentano le preposizioni consecutive in latino. La congiunzione che le introduce è "ut" se è positiva o "ut non" se è negativa. Gli avverbi della reggente, detti anche espressioni correlative, possono essere diversi. Abbiamo "ita" e "sic", che significano semplicemente così. Poi ci sono "tam" seguito da aggettivo o avverbio, "tanto" seguito da un comparativo o "tantum" seguito dal verbo. Più rari "(usque) adeo" o "usque eo", seguiti da un genitivo oppure "totiens" o "eiusmodi" da soli. Si possono trovare anche alcuni pronomi, come "is, ea, id" oppure "talis, tale". Infine possiamo trovare anche "tantus, a, um" oppure "tot" e "tam multi". Il verbo delle preposizioni consecutive in latino è al congiuntivo presente, imperfetto o perfetto ed non segue la consecutio temporum.
La traduzione del congiuntivo
Vanno inoltre precisati alcuni significativi aspetti supplementari. A tal proposito vi ricordiamo che nella costruzione con ut o ut non, il congiuntivo non è solito seguire la consecutio temporum di tipo normale. Cosa significa questo? Ciò sta a significare che il suo tempo non è influenzato da quello della frase reggente. Quale, dunque, la modalità migliore per tradurre le consecutive? In questi frangenti occorrerà sempre prendere il verbo latino al congiuntivo, sostituendolo poi nella lingua italiana con l?indicativo corrispondente. E così, il congiuntivo presente si tradurrà con un tempo presente, il congiuntivo imperfetto con un verbo dell'indicativo Imperfetto e, infine, un congiuntivo perfetto si potrà sempre tradurre con un verbo che deve essere declinato al passato remoto. Ecco, dunque, un esempio esplicativo: Tam pulchra erat puella ut omnes eam laudarent (la ragazza era talmente bella che tutti la lodavano).
L'introduzione delle subordinate
Ora che abbiamo ben chiari tutti gli elementi teorici riguardanti le proposizioni consecutive latine, vediamo come si procede. Prendiamo un qualsiasi testo in latino e iniziamo ad analizzarlo. Dopo aver sottolineato tutti i verbi, cerchiamo le congiunzioni che introducono le diverse subordinate. Quando incontriamo "ut" o "ut non", bisognerà controllare immediatamente due aspetti. Il primo aspetto è il verbo che segue, quindi controllare che sia al congiuntivo presente, imperfetto o perfetto. Poi occorrerà sempre notare se nella principale vi è o meno la presenza di una delle espressioni correlative. Quest'ultimo elemento, purtroppo, non è sempre presente, ma si può comunque intuire analizzando con dovizia di particolari il significato assunto da tutta la frase. Il rischio è quello di confondere le consecutive con le finali. Ma anche qui possiamo aiutarci con un pizzico di logica. Se infatti abbiamo "ut non", saremo sempre certi che non si tratti mai di una consecutiva. Se abbiamo il congiuntivo imperfetto, siamo altrettanto certi che si tratta di una consecutiva. Se abbiamo "ut" con il congiuntivo presente e imperfetto, invece, possiamo avere una finale o una consecutiva. Se nella principale c'è un'espressione correlativa, sarà sicuramente una consecutiva. Se non c'è, probabilmente è una finale, ma a seconda del senso potrebbe essere una consecutiva.
La traduzione della consecutiva implicita
Una volta riconosciute, tradurre le consecutive diventa così abbastanza agevole, anche per chi risulta essere alle prime armi con la lingua latina. Traduciamo letteralmente l'espressione correlativa, come ce la restituisce il vocabolario: la congiunzione "ut" si traduce con la congiunzione "che" e il verbo da congiuntivo diventa indicativo. Il presente e l'imperfetto mantengono lo stesso tempo anche in italiano, il perfetto latino diventa passato prossimo o passato remoto. Possiamo lasciare la consecutiva implicita quando il soggetto è lo stesso della reggente. In questo caso si traduce con "da" seguito dal verbo all'infinito: presente se in latino c'è il presente o l'imperfetto, passato se c'è il perfetto.
L'analisi di tutte le eccezioni
Attenzione ad alcune particolarità. Quando la negazione nelle proposizioni consecutive si trova nei nomi, aggettivi o avverbi, non c'è mai "ut non" ma solo "ut". Se la reggente è negativa, le consecutive possono essere introdotte da "quin" al posto di "ut". Infine, esistono anche le proposizioni consecutive relative. In questo caso la consecutiva non è introdotta da "ut" ma dal pronome relativo "qui, quae, quod".
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Consigli
- Quando traduci, sottolinea tutti i verbi e poi cerca le parole che introducono i diversi tipi di subordinata
- Ricordatevi che "tantus, a, um" significa "tanto grande" e non semplicemente "tanto"