Guida al pensiero di Manzoni

Tramite: O2O 07/08/2017
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Introduzione

Alessandro Manzoni è senza dubbio uno degli scrittori italiani più importanti di tutti i tempi. Nato a Milano nel 1785, appartiene a quello che è conosciuto come il movimento romantico. La vita di Manzoni risulta particolarmente tranquilla e per questo motivo potrebbe apparire freddo e privo di forti passioni ma la sua scelta è conseguenza delle riflessioni da lui sviluppate nel corso della sua vita. Ne "I promessi sposi" non si limita a creare un modello per la forma narrativa del romanzo ma pone anche le basi della lingua italiana moderna. In questa guida quindi vi illustreremo il pensiero di Manzoni.

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La provvidenza

Innanzitutto bisogna dire che Manzoni osserva come in ogni azione umana si intraveda la presenza del male. L'uomo, pertanto, rischia costantemente di commettere dei peccati, di cadere, di perdersi. Anzi, ogni movimento finalizzato a liberarsi da questo destino infido, si risolve in un evidente peggioramento della situazione. In questa visione emerge la profonda religiosità cattolico-giansenista di Manzoni. Infatti, ha fede nella Provvidenza e per questo anche il male può essere incluso in una visione più ampia e globale della storia, che è volta verso il bene. La provvidenza è quindi intesa in senso paternalistico: Manzoni crede in un Dio che premia i buoni e punisce i superbi.

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Il rapporto con la società contemporanea

L'oggetto principale della sua attenzione, più che l'individualità umana, risulta essere la collettività. Manzoni giudica la società violenta, piena di dolore e di male, volta a conquistare inutili beni terreni o a perseguire obiettivi effimeri come il potere o il prestigio. Proprio la società genera il male e tutti gli errori che vengono commessi ogni giorno. Secondo lo scrittore, se è possibile solamente fare dei torti oppure patirli, l'unica cosa che resta da fare alla fine è quella di allontanarsi dalla vita comune, estraniandosi dalla storia. Egli prende come metro di giudizio un altissimo ideale divino, assai rigido, rispetto cui ogni azione umana finisce per apparire piena di peccato. La sua partecipazione non troppo vivace alla vita sociale non è altro che la conseguenza di tali considerazioni.

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Moralismo e liberalismo

La svalutazione delle istituzioni politiche tipica dell'umanitarismo settecentesco in lui si incontra con il suo personalissimo moralismo religioso. Manzoni non fa riferimento allo Stato come entità ma semplicemente distingue tra tra governanti e governati. A livello politico, Manzoni aderisce a un liberalismo moderato, anti-austriaco, che punta a un governo costituzionale e all'unificazione sotto i Savoia. L'aspirazione all'indipendenza si intreccia in modo evidente alle sue convinzioni religiose e all'impegno morale. Fin dall'adolescenza abbraccia i principi della Rivoluzione francese e la morte di Napoleone a Sant'Elena lo colpisce profondamente. Proprio da questo evento nascono poi "Marzo 1821" e "5 maggio".

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La lingua italiana

Quella che possiamo definire come una costante nella vita di Manzoni è la riflessione su temi linguistici. Sono due, in particolare, le questioni che egli reputa decisive, ovvero quale lingua debbano parlare gli italiani e quale lingua è necessario che venga utilizzata in ambito letterario. Ai suoi tempi, infatti, mancava ancora una lingua comune italiana. L'idea rivoluzionaria di Manzoni è che fosse necessario sviluppare una nuova lingua comune e viva e che fosse proprio questa a dettare le leggi della lingua usata in letteratura. La sua soluzione finale è pertanto quella di utilizzare la lingua parlata in quel momento dalle persone colte di Firenze, che era l'unica ad essere considerata viva ed al tempo stesso impiegabile nella letteratura.

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