Come misurare il PH di una soluzione

Tramite: O2O 09/07/2017
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Introduzione

La chimica è una materia molto affascinante che va studiata facendo pratica. Infatti se la teoria è importante, vedere un'applicazione pratica della materia aiuta a capire i processi. Una delle basi della chimica è la misurazione del PH di una soluzione. Il PH serve appunto a misurare l'acidità o l'alcalinità di una soluzione. La sigla PH viene riportata spesso sul sapone, bagnoschiuma, ecc. E serve appunto ad evidenziare l'aggressività del sapone sulla pelle. Questa guida si propone appunto di spiegarvi come misurare il PH di una soluzione.

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La cartina al tornasole

In base al suo valore essa può essere classificata come acido (0

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La concentrazione molare

Se si tratta di un acido debole, prima di tutto bisogna sapere la sua concentrazione molare prima della dissociazione. Se si indica con x la quantità di acido che si dissocia, con Ka la costante acida allora la formula sarà: Ka = (x*x) / (Ca-x) ovvero Ka = x^2 / (Ca-x); dato che stiamo parlando di un acido debole, allora la supposizione Ca-x la possiamo scrivere come Ca (dato che la x è molto piccola). La formula quindi diventa x^2/ ca. La x può anche essere scritta come [H+], ovvero ione idrogenato e quindi la formula esce Ka= [H+]^2/Ca. Conoscendo la Ka e la Ca, basta applicare la formula inversa della radice quadrata per ottenere la h, ovvero [H+] = radice (Ka * Ca). Essendo il PH un logaritmo, dalla formula appena calcolata lo si può ottenere facendo PH= 1/2 * (pKa - log Ca).

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Il calcolo matematico

Nel caso in cui, però, non è possibile avere con sé la cartina tornasole o la soluzione (ad esempio in un test) si deve necessariamente ricorrere al calcolo matematico, avvalendosi di una calcolatrice (dato la complessità dei calcoli) e di una tavola dell'acidità, che consenta di scoprire i valori riguardanti ogni singolo elemento della tavola periodica (quindi soluzioni con più elementi non sono presenti all'interno). Il procedimento varia in base al composto che stiamo per analizzare; questa distinzione avviene principalmente in base alla capacità di dissociazione, ovvero a quanto riescono a liberare durante l'unione con altri elementi. Si dicono deboli coloro che si dissociano poco, forti coloro che, invece, si dissociano completamente o quasi.

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