Appunti di legislazione sanitaria
Introduzione
Il diritto sanitario è una delle branche del diritto più importanti e dall'impatto più rilevante, per le sue conseguenze pratiche, sulla vita della collettività. La legislazione sanitaria si sviluppò in tempi molto antichi ed è una materia in continua evoluzione, sia per i continui progressi scientifici che per i continui orientamenti, sempre in evoluzione, su alcuni spinosi problemi sanitari (si veda da ultimo l'obbligo vaccinale recentemente imposto per i bambini in età scolastica e le differenti prese di posizione della politica e della collettività). Senza alcuna pretesa di esaustività, difficile da raggiungere se non in un manuale, tenteremo di ripercorrere, in questo scritto, l'evoluzione generale della normativa, fornendo le necessarie esplicazioni delle leggi più rilevanti. Vediamo, dunque, questi appunti di legislazione sanitaria.
Il concetto di salute nella Carta Costituzionale
Prima di tutto bisogna comprendere bene il concetto di "salute", studiandolo attraverso la Carta Costituzionale del 1948 in cui lo stesso è sancito e cristallizzato come uno dei principi fondamentali riconosciuti all'uomo. L'art. 32 della Costituzione, infatti, prevede che la salute debba essere tutelata in quanto diritto fondamentale del singolo e bene di interesse collettivo, riconoscendo assistenza sanitaria e cure gratuite alle fasce più indigenti della popolazione. Ulteriore garanzia costituzionale del diritto alla salute può ritrovarsi nell'art. 38 della Costituzione in cui è sancito un ulteriore riconoscimento: il diritto dei lavoratori ad assicurarsi contro gli infortuni (materia su cui oggi tanto si discute), al fine di usufruire dei benefici previsti da questa branca assicurativa nel caso in cui l' "assenza di salute", anche per cause imputabili proprio al lavoro, impedisca di svolgere attività lavorativa.
Le prime norme sul diritto alla salute
Andando indietro nel tempo, dopo l'Unità d'Italia (1861) è con la legge n. 2248/1865 che la tutela della salute diventa una materia di interesse e di competenza pubblica, riconosciuta come tale per la prima volta dal Ministero dell'interno e, a livello periferico, da Sindaci e Prefetti. Successivamente la legge n. 5849/1888 istituisce il Consiglio Superiore di Sanità, mentre, all'interno del Ministero, viene creata la Direzione generale della sanità pubblica e, accanto a questi organismi centrali, vengono istituiti, localmente, il medico e il veterinario provinciali, competenti, quindi, a livello strettamente territoriale. Occorre attendere il 1901 per avere, con la legge n. 45, una prima e più completa regolamentazione delle professioni sanitarie. Questo per quanto riguarda il concetto più prettamente organizzativo e l'inquadramento della materia che viene completato grazie alla formazione del Ministero della Salute e dell'Istituto superiore di Sanità, con funzioni di natura scientifica. Anche a livello locale si assiste alla creazione dell'Ufficio medico (e veterinario) provinciale, degli Uffici sanitari dei Comuni e degli Uffici sanitari speciali preposti ai luoghi di confine, porti e aeroporti. Nel periodo repubblicano si assiste alla riforma ospedaliera tramite la legge n. 132/1968, con cui si conferisce una personalità giuridica agli enti ospedalieri. Di grande importanza è stato anche il D. P. R n. 4/1972 con il quale è stato disposto che, alle Regioni a statuto ordinario, dovessero spettare le funzioni sanitarie prima esercitate dallo Stato, potere questo sempre più di competenza degli Enti territoriali con il trascorrere degli anni. È infatti nel 1977 che il sistema, attuato dagli enti mutualistici, viene completamente stravolto, affidando il controllo direttamente alla Regione, ancora oggi attribuito alle stesse con squilibri, a volte anche notevoli, laddove si esamini la situazione locale da Regione in Regione con situazione di eccellenza in alcuni luoghi e di profonda sofferenza in altri.
La recente legislazione
La legge, con il passare del tempo, ha mantenuto i suoi principi ispiratori appena analizzati. Nel 1992, ad esempio, si è avuta una prima riforma, in cui sono stati definiti standard minimi di assistenza validi per tutto il territorio nazionale, sono stati conferiti maggiori poteri alle Regioni, sono state trasformate in aziende le strutture sanitarie e si sono introdotte nuove modalità di finanziamento. Nel ?98 è stato attuato e completato il decentramento amministrativo delle funzioni sanitarie, secondo cui le stesse sono di competenza degli enti locali, spettando allo Stato solo funzioni di programmazione e coordinamento. Come già accennato ciò ha portato da un lato alla nascita di vere eccellenze in campo sanitario, ma dall'altro, nelle regioni con maggiori difficoltà, ad una sorta di arretramento anche nella gestione e nella organizzazione ospedaliera rispetto al resto del paese. Questo divario si è accresciuto negli ultimi anni con i tagli ai finanziamenti pubblici nella sanità così come è accaduto anche in altri settori (come l'istruzione) decretati dai vari governi.
Con la legge n. 419/1998 si è cercato di razionalizzare e riorganizzare il servizio sanitario, riforma portata avanti nel 1999.
La pubblicazione successiva del Codice Privacy ha disciplinato le modalità di comunicazione, conservazione e modifica dei dati in possesso delle strutture sanitarie. Il più recente provvedimento articolato di riforma è il Decreto Balduzzi, frutto della manovra Monti, che ha inciso su molti aspetti della normativa sanitaria precedente come la riorganizzazione del servizio territoriale, l'attività dei medici, le misure di lotta al fumo e al gioco d'azzardo e maggiori controlli per chi fa sport. Altro recente provvedimento che ha scatenato numerose polemiche e interventi a favore e contro è stato quello che ha disposto l'introduzione obbligatoria per la frequenza scolastica di dieci vaccini su tutta la popolazione infantile fino ai 16 anni. Il provvedimento legislativo, introdotto per arginare la mancata effettuazione di alcuni vaccini come il trivalente MPR (morbillo parotite rosolia) e il mancato raggiungimento, nella popolazione, di una percentuale di vaccinati idonea a scongiurare il rischio di epidemie soprattutto fra i bambini e fra i soggetti che, a causa di particolari patologie, non possono essere vaccinati,ha scatenato l'opposizione di quel gruppo di cittadini che vorrebbe i vaccini lasciati alla libertà di scelta dei genitori e soprattutto non vuole che la frequenza scolastica possa venire condizionata all'effettuazione o meno dei vaccini. Oggi l'obbligo vaccinale è nuovamente all'attenzione dell'attuale governo, che pare averlo confermato nella stessa misura del precedente.