Appunti di diritto: usi e consuetudini
Introduzione
La vita all'interno di un qualunque gruppo organizzato pretende delle regole che abbiano la "forza" di imporsi alla osservanza di tutti i suoi membri, stabilendo doveri e obblighi e vincolandone, in vario modo, i comportamenti.
Essere parte di un insieme di persone alle quali si è legati da vincoli familiari o dalla comunanza di interessi o scopi, comporta quindi la inevitabile sottoposizione a un sistema di norme che siano in grado di garantire la pacifica convivenza degli elementi del gruppo oltre ad essere idonee a consentire al gruppo medesimo di perseguire i propri obiettivi. Dal più piccolo nucleo rappresentato dalla famiglia, al circolo sportivo, alla confessione religiosa, all'organizzazione sindacale (e gli esempi potrebbero moltiplicarsi), la nostra vita all'interno di ogni contesto organizzato ci sottopone quindi ad un sistema di norme, o "ordinamento", che siamo tenuti a rispettare.
La più vasta e imponente delle organizzazioni sociali cui ci ritroviamo ad appartenere è rappresentata dallo Stato: la nostra condizione di "cittadini" ci obbliga quindi a rispettare il suo ordinamento giuridico, ossia quel sistema di norme che lo Stato impone ai consociati, in maniera autoritativa, per garantire la propria sopravvivenza e il perseguimento dei suoi fini.
La complessità dell'organizzazione statale fa sì che le norme immesse nel sistema siano moltissime e siano emanate da vari organi. Per quanto sia il principale, il Parlamento, non è infatti l'unico "soggetto" dell'apparato statale autorizzato a creare norme giuridiche vincolanti per i cittadini. Allo strumento della "legge" di cui il Parlamento si avvale, si affianca quindi una serie di ulteriori strumenti (es. Decreti, regolamenti) che promanano da altri organi nazionali e (grazie alla nostra appartenenza all'Unione Europea) anche da organi sovranazionali, autorizzati anch'essi alla produzione di norme giuridiche vincolanti per i cittadini di tutti gli stati membri (trattati, direttive, regolamenti, ecc.).
Esiste quindi una pluralità di strumenti, denominati "fonti di produzione del diritto", abilitati alla creazione di "norme giuridiche" vincolanti per i propri destinatari.
Le fonti del diritto si collocano all'interno di un sistema gerarchico in virtù del quale le fonti di rango inferiore sono tenute a muoversi entro i limiti determinati da quelle di rango superiore, pena la loro invalidità.
In questo sistema piramidale che vede collocata al vertice la nostra Costituzione, l'ultimo gradino è occupato dagli usi (o consuetudini), fonti del diritto dalla natura assai particolare di cui, in questi appunti, cercherò di delineare le caratteristiche.
Occorrente
- Codice civile
Caratteristiche degli usi o consuetudini come fonti-fatto
Un'importante distinzione tra le fonti di produzione del diritto è quella tra fonti-atto e fonti-fatto.
Sono fonti-atto quelle che promanano da organi cui è specificamente attribuito il potere di emanare norme giuridiche. Esse rappresentano pertanto il risultato finale di un procedimento diretto alla loro produzione. Si tratta per l'appunto di "atti normativi" che vengono "voluti" e posti in essere dagli organi autorizzati, nel rispetto delle regole previste per la loro formazione.
Le fonti-fatto sono invece fonti del diritto riconosciute dall'ordinamento per il sol fatto della loro esistenza. Esse prescindono tanto dall'attribuzione del potere di produrle in capo a specifici soggetti, tanto dalla volontà di questi ultimi di dar vita a norme giuridiche vincolanti.
Si tratta di fonti non-scritte che non nascono quindi da scelte volontarie quanto piuttosto da comportamenti di fatto cui l'ordinamento giuridico attribuisce rilevanza.
A questa seconda categoria appartengono per l'appunto gli usi o consuetudini, uniche tra le fonti di produzione del diritto inserite nel sistema della gerarchia delle fonti a possedere queste caratteristiche.
Elementi essenziali degli usi o consuetudini
Usi e consuetudini sono fonti del diritto non scritte che nascono dalla pratica ripetuta nel tempo da parte di una collettività più o meno ampia. Può trattarsi infatti di usi generalizzati sull'intero territorio nazionale o di usi più prettamente locali, osservati all'interno di contesti territoriali più ridotti.
Si tratta di regole di comportamento che vengono seguite spontaneamente e in modo costante da un gruppo di persone, nel convincimento di rispettare norme giuridiche vincolanti.
Affinché si produca una consuetudine sono quindi necessari due elementi: un elemento materiale (usus o diuturnitas), che consiste nel comportamento ripetuto nel tempo da parte di un gruppo di consociati, un elemento psicologico (opinio iuris ac necessitatis), ossia il convincimento che quel comportamento sia doveroso e giuridicamente vincolante.
La compresenza di questi due elementi permette di distinguere gli usi o consuetudini dalla "prassi" nella quale al comportamento ripetuto nel tempo da una generalità di persone si accompagna la consapevolezza che quel comportamento, per quanto usuale o preferibile, non è tuttavia da considerarsi obbligatorio.
Ambito di operatività degli usi o consuetudini
Il fatto che gli usi o consuetudini siano collocati all'ultimo posto della gerarchia delle fonti fa sì che essi non possano contraddire a nessuna delle fonti di rango superiore e che possano pertanto trovare spazio solo nei ridottissimi ambiti che residuano al netto della regolamentazione già predisposta dalle altre fonti di produzione del diritto.
Essi trovano quindi applicazione, innanzi tutto, in quanto vengano richiamati dalle altre fonti che concedano loro un certo margine di operatività per completare il contenuto di talune discipline già regolate (cosiddette consuetudini "secundum legem"): l'art. 8 delle disposizioni preliminari al codice civile stabilisce infatti che ?nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati?.
Gli usi possono inoltre trovare applicazione in quelle materie che non appaiano già regolate da altre fonti (consuetudini "praeter legem").
Non sono invece ammissibili usi contrari alla legge (consuetudini "contra legem") che si tradurrebbero, com'è evidente, in una violazione delle fonti di rango superiore.
Prova dell'esistenza degli usi o consuetudini
Trattandosi di norme non scritte, e consistendo in comportamenti di fatto, gli usi pongono, com'è facile intuire, un grosso problema in ordine alla prova della loro esistenza.
Viene in soccorso, a questo fine, la preziosa attività svolta dalle Camere di Commercio alle quali già un regio decreto del 1934 (oggi riprodotto nella legge 580/1993) impone di curare l'accertamento, la raccolta e la revisione degli usi e consuetudini connessi alle pratiche economiche e commerciali.
Ai sensi dell'art. 9 delle disposizioni preliminari al codice civile gli usi pubblicati nelle raccolte delle Camere di Commercio si presumono esistenti fino a prova contraria.
Qualora invece un uso non sia contenuto nelle predette raccolte e insorga un contenzioso incomberà su chi invoca l'applicazione della consuetudine il difficile onere di dimostrarne l'esistenza.
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Consigli
- Può essere interessante visionare le raccolte delle Camere di Commercio per conoscere gli usi vigenti nel proprio territorio