Il primo punto di rottura tra i due grandi pensatori risiede nella concezione dell'essere.
Aristotele elabora un progetto filosofico completamente diverso da quello del suo insegnante.
Il platonismo è verticalismo. Alla base della teoria vi è concezione dualistica: l'essere si articola in due realtà: il mondo dell'essere (mondo idee) e quello che appare (mondo delle cose). Il dualismo del mondo è esplicitato nel mito della caverna: Platone (per bocca di Socrate) immagina gli uomini chiusi in una caverna, gambe e collo incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada alcuni uomini parlano, portano oggetti, si affaccendano nella vita di tutti i giorni. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza degli uomini sulla strada poiché ne percepiscono solo l'ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte e l'eco delle voci, che scambiano per la realtà. Se un uomo incatenato potesse finalmente liberarsi dalle catene potrebbe volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell'esistenza degli uomini sopra il muricciolo di cui prima intendeva solo le ombre. In un primo momento, l'uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce, la visione delle cose sotto la luce lo spiazzerebbe in forza dell'abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati. I compagni, in un primo momento, riderebbero di lui, ma l'uomo liberato non può ormai tornare indietro e concepire il mondo come prima, limitandosi alla sola comprensione delle ombre.
Aristotele dall'altro canto, sostiene che il sapere sia orizzontale. Struttura per questa ragione la realtà in diverse discipline (teoretiche, pratiche, poietiche), le quali studiano la sostanza che è l'unica realtà di cui è composto il mondo.
La critica che Aristotele muove a Platone è quindi la duplicazione ontologica dell'essere.