Il pessimismo cosmico di Leopardi | Video

Il pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi: cosa pensa l'autore della natura e quali sono le differenze tra il suo pessimismo storico e quello cosmico

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Il pessimismo cosmico di Leopardi

Il Pessimismo cosmico di Leopardi: spiegazione a cura di Emanuele Bosi
Fonte: redazione

Che Giacomo Leopardi non sia esattamente il poeta più allegro del panorama letterario italiano, è cosa risaputa. Ma attento a definirlo pessimista, perché ci sono diverse sfumature anche nel modo in cui si approccia a una visione negativa del mondo. In questo video vedremo meglio le differenze fra pessimismo storico e pessimismo cosmico in Leopardi.

La teoria del piacere in Leopardi

Abbiamo parlato della teoria del piacere di Leopardi. In breve: ciò che rende infelice l’uomo è il desiderio del piacere, ossia della felicità, e l’effettiva possibilità di soddisfarlo. L’uomo, infatti, non desidera un piacere particolare, bensì il piacere: desidera, cioè, un piacere infinito, per estensione e per durata, ma può godere soltanto di piaceri finiti, che non lo appagano. È quindi condannato a una condizione di perenne inquietudine, a un senso implacabile di insoddisfazione.

Ma ecco che qui interviene la natura, che gli dona immaginazione e illusioni, attraverso cui l’uomo dimentica per qualche istante la miseria della vita: fino al 1824 per Leopardi la natura è ancora una madre buona, che si prende cura delle sue creature.

Contestualmente, però, Leopardi nota anche come il progresso abbia portato a un acuirsi dell’infelicità umana. Insomma: la modernità ha allontanato l’uomo da una condizione migliore, propria degli antichi, che vivevano invece in armonia e completezza con la natura. Gli antichi erano capaci di sentimenti forti, di passioni, di ideali, di grandi illusioni; e ne erano capaci grazie alle fantasticherie che animavano e sostenevano le loro scelte. La fantasia aveva permesso loro di vivere senza cadere nel nichilismo.

Dal pessimismo storico al pessimismo cosmico

Se l’uomo è diventato progressivamente infelice, dice Leopardi, allora l’infelicità non è un processo ontologico, ma storico: ecco dunque perché questa fase è detta del pessimismo storico.

Dal 1824 la visione di Leopardi cambia: in parte accade per delusioni personali, in parte, qualcuno sostiene, per problemi di salute. Certo è che dal Dialogo della Natura e di un Islandese Leopardi si fa portatore di un pensiero del tutto diverso: il pessimismo cosmico.

Cosa sostiene Leopardi in questa fase? Innanzitutto che la natura non è affatto una madre benevola, ma una matrigna feroce, che mette al mondo i suoi figli per poi disinteressarsi di loro. Ora, attenzione a questo passaggio, perché è un po’ complicato.

Nel pessimismo storico Leopardi ha una visione finalistica della natura: la natura-madre benigna opera al fine di garantire il bene delle sue creature. Nel pessimismo cosmico, invece, la visione diventa meccanicistica e materialistica. Non spaventarti: ora ti spieghiamo cosa significa.  

  • Visione meccanicistica, perché spiega la realtà sulla base delle leggi inesorabili e immodificabili che privano l'esistenza umana di un fine: l'universo è un meccanismo nei cui ingranaggi l'uomo è stritolato;
  • Visione materialistica, perché fa della materia il principio unico attraverso cui leggere gli eventi ed esclude a priori qualsiasi orizzonte spirituale.

Questo significa che la natura è un insieme di leggi immutabili e prive di scopo, è un meccanismo che condanna le proprie creature a una condizione esistenziale precaria e dolorosa, a una vita insignificante e, per chi ne abbia coscienza, angosciosa.

La natura è causa di questa infelicità: ogni essere vivente sperimenta una condizione di dolore senza fine e senza senso. L’infelicità, insomma, diventa condizione assoluta ed eterna.

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