Aristotele e Platone: differenze e pensiero di Aristotele

Quali sono le differenze tra il pensiero di Aristotele e quello di Platone? Focus sul pensiero aristotelico, con spiegazione delle opere del filosofo

Aristotele e Platone: differenze e pensiero di Aristotele
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Aristotele e Platone: differenze

Aristotele
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Aristotele si distaccò completamente da Platone per lo scopo che aveva dato alla filosofia.

Mentre per Platone tutta la conoscenza dell’idea si doveva concretizzare nella Realtà (Stato ideale) e quindi per uno scopo politico, in Aristotele la conoscenza diventava fine a se stessa e che aveva come unico fine quello di cercare le leggi della natura (conoscenza scientifica).

Aristotele fu il primo vero scienziato insieme a Democrito: non ebbe una visione quantitativa della natura come la diede Democrito, ma ebbe una visione qualitativa.

Aristotele aveva un forte spirito di osservazione, mentre per Platone esisteva una disposizione verticale della realtà in cui l’Iperuranio era al di sopra del mondo concreto e a sua volta nell’Iperuranio esisteva una struttura piramidale dove all’apice di tutto c’era l’idea più perfetta tra tutte.

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Sotto la visione aristotelica il sistema della realtà ebbe una disposizione in orizzontale, dove tutto avveniva all’interno di una realtà e non esisteva una realtà trascendente.

Aristotele non ammetteva il dualismo ontologico poiché sosteneva che la realtà era unica per il principio di non contraddizione in cui se l’essere esisteva allora se ne poteva parlare, se non esisteva non si riusciva a parlarne.

L’essere di Aristotele era un essere immanente e che esisteva nella realtà e non in ciò che era trascendente. L’obiettivo di Aristotele fu allora quello di indagare questo essere immanente: uno studio che venne chiamato Metafisica.

Egli organizzò il sapere in branche e discipline e pose come disciplina più importante la Metafisica poiché essa era la scienza primaria per individuare l’esistenza dell’essere di un ente.

Inoltre Aristotele aveva spiegato che il contenuto dell’essere era l’ente stesso, che costituiva la realtà circostante.

Le caratteristiche dell'Ente in Aristotele

Ma quando si osservava un ente, quale caratteristiche aveva?

Se facciamo l’esempio di una sfera di bronzo, per esistere deve contenere del bronzo (aspetto materiale o fisico) e doveva avere la forma sferica (aspetto formale: ciò che c’è al suo interno di infinito e di universale).

In questo modo ogni ente doveva essere formato da una parte materiale e da una parte formale, che avevano il compito di dare un significato, un contenuto e un contorno all’ente stesso.

La parte finita dell’ente viene rappresentata dalla parte materiale, invece la parte infinita è rappresentata dalla parte formale.

Il dualismo in questo caso non è nella realtà, ma nell’ente stesso.

In ognuno di noi la parte materiale è il corpo e l’elemento formale è la nostra ragione; la ragione che è principio comune di tutti noi diventa la nostra forma.

La materia e la forma diventano la sostanza e il substrato di ogni ente e la forma diventa sostanza primaria poiché senza questo l’ente perderebbe di significato e di determinatezza.

Inoltre ogni ente non potrà fare a meno della sua parte materiale e della sua parte formale, ma sarà l’unione tra questi due; Aristotele chiamò questa unione Sinulo. Questo rappresenta il primo contenuto della Metafisica.

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L'Essere è statico o dinamico?

Ma l’essere era statico o dinamico (cioè soggetto ad una evoluzione e a un divenire)?

Aristotele non accettò la teoria del divenire dove l’essere passa da essere a non essere poiché aveva rinnegato il non esistere di un ente. Inoltre non accettava la staticità. Per capire quest’ultimo concetto possiamo riferirci a un esempio; un albero per diventare tale all’inizio doveva essere un seme dove c’erano tutte le potenzialità che sviluppate facevano diventare il seme in albero; una volta che è diventato albero tutte le potenzialità erano state attuate ed era la realtà in atto in cui era avvenuta una evoluzione.

Un altro esempio è un pezzo di marmo che ha le potenzialità se scolpita da un bravo scultore di diventare una statua.

Quindi il divenire concepito in questo modo avveniva all’interno dell’essere stesso ed era l’evoluzione dalla potenza all’atto. Ogni sinulo ha possibilità di divenire e quindi di sviluppare mettendo in atto le proprie potenzialità.

La Sostanza

Aristotele fu il primo a definire la sostanza (parola derivata da sub stare: cioè qualcosa che è al di sotto di tutto). Proprio poiché sta alla base di tutto questa è l’elemento fondamentale di ogni cosa.

Indagando l’ente, Aristotele si era accorto che ogni ente era formato da forma e materia; quindi queste dovevano essere le sostanze essenziali dell’ente poiché un ente non poteva esistere e non avrebbe potuto avere un’identità anche senza una di queste due caratteristiche.

Quindi il sinolo venne definito come una sostanza derivata poiché composta dalla sostanza materiale e dalla sostanza formale.

Inoltre la sostanza riconduceva al concetto, e diceva l’essenzialità dell’ente (Predicazione).

Ad esempio se parliamo di chi è l’Uomo, potremmo rispondere con l’affermazione di animale dotato di ragione e non come uomo con una altezza media, un tipo di colore di capelli. Quindi nel primo caso viene espressa l’essenzialità di un ente.

Proprio per questo la sostanza in analisi logica risponde alla domanda chi?, che cosa?, ed è un complemento oggetto.

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La sostanza come Materia

Al termine Sostanza vengono attribuite quattro accezioni:

  • L’essenza (poiché senza di essa un ente non può esistere);
  • L’universale (ciò che indica la cosa universale di un ente);
  • Il genere (cioè la grande classificazione in cui vengono inseriti gli enti con quella caratteristica universale);
  • Il sostrato (cioè il fondamento su cui tutta la realtà si costruisce ed esso non è mai predicato da altri enti, ma sarà la predicazione dell’ente stesso).

Aristotele rivela inoltre la possibilità della sostanza di essere forma (ciò che accomuna, come la ragione per gli uomini), di essere materia alla quale attribuiamo tanti predicati: forma, colore… , ma a se togliamo all’ente questi attributi rimane la materia che è un sostrato, ma essa è divisibile e quindi corruttibile, particolarità; in questo modo la materia non è sostanza primaria.

La sostanza di un ente sarà quindi l’unione tra materia e forma: il sinolo.

La Sostanza come Forma

Quando cerchiamo di conoscere una cosa ci chiediamo perché mai un predicato di un’altra cosa appartenga a quest’altra.

Se consideriamo l’esempio di uomo musico ci chiediamo se a questo può essere attribuito il termine di musico, il quale si può riferire a qualcos’altro.

Se chiediamo a qualcuno perché una casa è una casa, alcuni risponderebbero poiché ha una funzione di casa (cioè di rifugio…), altri per la sua parte materiale, altri per la sua funzione.

Chi dice che identificherà la casa come mattoni e legna, coglierà la casa nella sua Potenza (la materia), chi identificherà la casa come rifugio in cui abitare coglierà la forma (casa attuata); chi identificherà la casa come insieme di mattoni e nello stesso tempo come rifugio , coglieranno la parte materiale e la parte formale: il sinolo.

Il Sinolo è quindi la possibilità di essere nella sua piena attuazione. La forma sarà l’insieme all’atto.

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Il divenire aristotelico

Socrate
Fonte: ansa

Il divenire Aristotelico, come si è già detto prima, è caratterizzato dalla possibilità di realizzarsi, fino all’attuazione vera e propria dell’ente.

Solo che questo divenire non continua fino all’infinito, ma ci sarà un punto di fine che Aristotele aveva chiamato atto puro, e che protende a dio (non il Dio del cristianesimo, ma inteso come la causa prima e il fine ultimo a cui tutto tende). Alla fine l’ente goderà di un’attuazione assoluta poiché Dio era già attuato.

Le categorie

Mentre per Platone conoscere significava ricordare, per Aristotele conoscere voleva dire giudicare poiché una volta conosciuta la realtà non si fa altro che esprimere dei propri giudizi (cioè dire chi o che cosa sia un ente).

Nacque poi una domanda: come facciamo a giudicare? Aristotele spiegò che noi ci serviamo di Categorie, cioè di concetti generali e ampi che applichiamo alle esperienze.

Se facciamo un esempio: “Io sto parlando in questa classe in questo momento”, esaminando questa affermazione si riesce a comprendere che si è utilizzato un concetto di spazio, uno di tempo e uno su cosa si sta facendo… . Perciò Aristotele affermò che la realtà si conosceva per mezzo di concetti generali.

Egli riconobbe otto categorie:

  • la sostanza
  • la qualità
  • la quantità
  • la relazione
  • l’agire
  • il subire
  • il dove (luogo)
  • il tempo

Quindi una proprietà di un ente esprime una categoria che sarà poi applicata all’esperienza. Ma da dove provenivano le categorie?

Aristotele non credette all’innatismo dell’uomo, ma sostenne che l’intelletto li avesse formulati per mezzo dell’esperienza. E’ infatti l’intelletto stesso che per mezzo di un processo di astrazione deriva dall’esperienza la categoria da applicare all’esperienza stessa.

Le categorie acquistano un valore logico poiché sono forme e mezzi logici del nostro conoscere e un valore ontologico poiché l’intelletto le ha tratte e derivate dalla realtà.

Infine la sostanza viene considerata categoria primaria poiché esprime l’essenzialità di un ente.

Il principio di non-contraddizione

Egli riconobbe il Non-Essere assoluto di Parmenide, ma ciò che lo fece divenire maestro fu la definizione di essere concepita come una categoria distinta dalle altre.

Se siamo davanti a due enti “a” e “b”, di a non si può dire che è b e non-b considerandolo nello stesso istante e dal medesimo punto di vista;

Per chiarire il concetto: se abbiamo in questo momento un foglio bianco non possiamo dire che sia rosso, anche se in futuro potrebbe diventarlo, magari dipingendolo: in questo modo non si produce nessuna contraddizione. Allo stesso modo se un libro ha una copertina rossa, non c’è nulla che vieti di avere le pagine bianche.

Quindi l’essere secondo il Principio di non contraddizione è la realtà attuale, non la possibilità di divenire.

L'Entelechia

L’Entelechia è la scienza che studia i fini (la fine a cui giungere); Dio è inizio e fine di tutto.

Platone diceva che Dio era figlio dell’abbondanza e della privazione poiché una persona desiderosa è ricca di desiderio, ma nello stesso tempo si è privi di ciò che si desidera.

Aristotele affermava invece che Dio (non in termine religioso, ma come atto puro) aveva tutto, poiché è amato dagli altri che non hanno amore, quindi egli stesso non può amare poiché già amato.

La Logica

Nel pensiero di Aristotele si ritrovava una classificazione delle scienze (cioè come una divisione del sapere in discipline) in cui quella primaria era la Metafisica (indagine dell’essere immanente).

La logica era la disciplina che occupava il ragionamento e riguardo ciò scrisse “L’Organon” in cui venivano descritti i mezzi che l’intelletto usa per ragionare.

C’erano due elementi importanti:

  • Il concetto;
  • Le categorie.

Il concetto è tutto ciò che abbiamo colto di essenziale in un ente attraverso una processo di analisi, selezione e sintesi (processo induttivo). Le categorie sono il mezzo attraverso le quali esprimiamo un giudizio (preposizione di senso logico formata da un soggetto, predicato verbale e da un complemento, e che dice qualcosa del soggetto).

Di ciò la novità non è il processo induttivo, ma il metodo deduttivo elaborato in modo scientifico che lui chiama SILLOGISMO.

Il Sillogismo, di cui ne possono essere elaborati infiniti, ha il compito di verificare ciò di quanto abbiamo elaborato.

Esso si compone da una frase con un carattere universale (che viene chiamata anche premessa) e da un giudizio particolare dal quale scaturisce spontaneamente un’altra frase.

Consideriamo:

“Tutti gli uomini sono mortali” (giudizio universale) -->“Socrate è mortale”

“Socrate è un uomo” (conclusione scaturita spontaneamente) --> (giudizio particolare)

Così da una realtà in generale ne abbiamo tratto una particolare; affinché si possa fare ciò deve comparire un termine medio che abbia la funzione logica diversa (in una soggetto, nell’altra complemento oggetto).

Infine il Sillogismo deve partire da una premessa principale che deve avere il carattere della veridicità; se questa è falsa si arriverà a un giudizio altrettanto falso.

La Fisica

Aristotele insieme a Democrito fu considerato uno dei primi scienziati di quel periodo, con la differenza che Democrito aveva una visione quantitativa della natura con il suo atomismo, e Aristotele una visione qualitativa. Inoltre i concetti di Aristotele furono più diffusi poiché a quel tempo Aristotele era una persona molto importante, direttore di un liceo che lui stesso aveva fondato.

La fisica Aristotelica si occupava del movimento del divenire non più metafisico (dalla potenza all’atto), ma da un punto di vista fisico: la nascita o la morte, lo spostamento di un oggetto, l’aumento o la diminuzione di una realtà o enti, il miglioramento o peggioramento; in definitiva il mutamento a cui è soggetto ogni corpo.

Platone
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Aristotele, pur non avendo strumenti adatti, ebbe il desiderio dell’osservazione e cercava di indagare i fenomeni della natura per trovare una spiegazione. Da questo punto di vista utilizzò un ordine qualitativo che non mirava a quantificare le leggi fisiche da un punto di vista matematico, ma cerca di descrivere il fenomeno così si manifesta (Fisica Descrittiva).

Questo tipo di fisica si era sviluppata fino al 1500, fino a quando con Newton e Galileo Galilei si passò a un riscontro matematico di ciò che si era studiato.

Già sin da quell’epoca Aristotele aveva colto la legge di gravità che, non quantificandola, la descrive. Egli notò che i quattro elementi della natura si comportavano diversamente quando venivano lasciati andare.

Osservando una pietra in uno stagno, Aristotele aveva dedotto che se questa fosse affondata il suo peso specifico avrebbe dovuto essere superiore rispetto a quello dell’acqua; invece una fiamma tendeva ad andare verso l’alto e quindi ne dedusse che fosse più leggera dell’aria.

Egli classificò i quattro elementi della natura secondo il proprio peso specifico: Terra, Acqua, Aria e Fuoco.

Sotto questo punto di vista egli dedusse che ogni elemento avesse un luogo naturale cioè dove ogni cosa della sua natura tende a rimanere (es. fuoco al di sopra dell’aria); in un certo senso è un’anticipazione del principio di inerzia.

Un altro punto importante della fisica di Aristotele è la sua descrizione del moto che tende ad avere ogni ente: o verso l’alto o verro il basso (anche se aveva ipotizzato che si muovessero di velocità uniforme).

L'Etere

Successivamente  Aristotele intuì la presenza di una quinta essenza che denominò Etere; doveva essere aeriforme e rappresentava l’elemento spirituale che andava a costituire i cieli dell’Universo. Ne conta 53 disposti in modo concentrici (la stessa struttura che utilizzò Dante).

Inoltre erano circolari invece di lineari, poiché una linea è un qualcosa di più statico che ha un inizio e una fine, mentre la forma circolare rappresentava un movimento eterno, senza inizio o fine.

Ed è questo movimento che impone al cerchio del cielo più piccolo di girare, e tutti giravano insieme fino all’infinito.

Il primo movimento è stato dato da Dio stesso, denominato Primo Motore Immobile: “primo motore” perché è il motore dei cieli, “immobile” perché ha l’essere nella sua assoluta pienezza e non ha bisogno di muoversi.

Differenze tra il Dio Metafisico e Dio Fisico: il Dio della Metafisico è la causa prima e il fine ultimo a cui tutto tende, cioè l’atto puro e la forma; il Dio fisico invece è il motore dell’universo.

Psicologia e Gnoseologia di Aristotele

Democrito
Fonte: ansa

Con Aristotele si ha la prima volta che si parla di Psicologia: essa si occupava dell’uomo non tanto dell’aspetto fisico, ma dell’aspetto spirituale: l’anima.

Aristotele criticò la visione orfica secondo la quale l’anima era distaccata dal corpo e si incarnava da un corpo all’altro. Egli contrappose una propria teoria in cui si sostenne che c’era una perfetta connessione tra corpo e anima.

L’anima doveva rappresentare la forma della materia e poiché forma diventava anche il fine ultimo del corpo (Entelechia).

In questo modo si ebbe una visione unitaria tra il corpo e l’anima; per indicare questo forte connubbio tra corpo e anima si parlò di unità biopsichica in cui il corpo era influenzato da un determinato stato mentale e l’anima da uno stato corporeo.

Per Aristotele, uno stato mentale non perfetto determinava un Problema Corporeo, mentre la malattia determinava un problema mentale: depressione, perdita di attenzione…

Con questi esempi si comprese che Corpo e Anima erano due elementi inscindibili che non potevano esistere l’uno senza l’altro: il corpo incideva sull’anima e l’anima incideva sul corpo stesso.

Attività dell'anima

Nell’anima individuò tre attività:

  • L’attività Vegetativa (costituita dal dormire, mangiare…);
  • L’attività Istintiva (determinata dalle attività);
  • L’attività Subconscia (cioè il ragionamento).

L’attività Subconscia è il momento più alto dell’anima poiché consiste nel formulare pensiero.

Si è cercato di dare una risposta alla domanda: che fine fa l’anima quando il corpo muore?

Aristotele spiegò che visto che l’anima era nel corpo, morendo moriva anche l’anima, ma il suo produrre pensiero la rendeva immortale poiché ciò che resta di immortale è la sua razionalità, formulare pensiero.

Gnoseologia

Aristotele spiegò che per conoscere un ente esso doveva prima essere percepito dai sensi che lo passavano al cervello per coglierne il concetto attraverso il processo di analisi, selezione e sintesi.

Aristotele individuò due momenti durante la fase di conoscenza:

  • Il Momento Passivo;
  • Il Momento Attivo.

Durante il Momento Passivo l’intelletto elaborava ciò che si percepiva con i sensi, invece durante il Momento Attivo venivano elaborati gli enti per arrivare al concetto.

L’intelletto è più attivo soprattutto in quest’ultimo momento (è il momento più nobile) e viene chiamato Agente Patogeno.

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